Vigilando la città

Il Borgomastro, dal già lunghissimo nome di Giustiniano Comneno di Zeldaf a cui poi soleva aggiungere il misterioso titolo di "Cavaliere del Tetrarcato di Huldar" che a pochi diceva qualcosa poiché nessuno aveva mai sentito parlare di quel Tetrarcato, se ne andava a passeggio per la città, controllando che tutto funzionasse a dovere.

Il mercato era fiorente e ricco di merci e quanto di meglio si potesse offrire agli acquirenti era stato posto sui bancali.

Ogni transazione corrispondeva, o almeno avrebbe dovuto corrispondere, al pagamento di un balzello che sarebbe finito nelle già pingui casse della città.
La principale preoccupazione di Giustiniano era che tutto filasse liscio e tranquillo, poichè la sua profonda convinzione era che nella tranquillità, gli affari avrebbero prosperato. In caso contrario l'isola dei maghi avrebbe potuto anche rivolgere le sue attenzioni a qualche altro luogo e questo era decisamente male agli occhi del Borgomastro.

Ai banchi commerciali si alternavano di quando in quando dei saltimbanchi, dei pittori, dei fabbricanti di monili, degli artisti del circo coi loro animali.

Guardando ad una giovanissima ragazza che si esibiva insieme a delle scimmiette, non potè fare a meno di pensare a quando incontrò la sua Dorotea, impegnata a far ballare due orsi con il suo frustino.

Era molto innamorato di sua moglie, tanto che spesso, scherzando ma neanche troppo, soleva dire che aveva nella vita solo 3 padroni: La Legge, da far rispettare a tutti i costi, il Commercio, da tutelare e far crescere e sua moglie Dorotea da amare per tutta la vita.

Ancora il suo volto non era noto a tutti i cittadini di Zeldaf, per cui la sua passeggiata trascorreva solitaria tra la folla. Se qualcuno avesse avuto bisogno di lui di certo lo avrebbe fermato, ma forse chi ne avesse avuto bisogno, non aveva idea di chi fosse...

D'un tratto si fermò e si voltò per essere certo che le due guardie che aveva portato con se ma a cui aveva chiesto di rimanere discretamente a una decina di passi lo stessero ancora seguendo. Quando le guardie lo videro fermarsi, fecero finta di guardarsi intorno per mantenere la distanza, poi quando il Borgomastro riprese il cammino anche loro dopo qualche istante camminarono ancora.

Giustiniano mise una mano in tasca e dimentico di avere delle monete le fece tintinnare, ricordando che le aveva ottenute in pagamento dai tipi della compagnia che aveva ospitato alla sua festa: sei monete di rame. Un magro bottino per chiunque, ma non per lui che aveva conosciuto nella vita passata, troppo vicina nel tempo affinche potesse dimenticarla, gli anni di magra e la carestia imparando che nulla va disdegnato, neanche 6 monete di rame.

Il mercato era affollatissimo e confusionario, ricettacolo di scambi e crocevia di popoli. Di norma una simile attività avrebbe conquistato chiunque, ma due delle persone che camminavano per la piazza sembravano tutto meno che allegre.
Uno dei due, il maschio, in particolare camminava con le mani in tasca e lo sguardo fisso a terra. Sembrava decisamente nervoso, anche con il cappuccio a coprirgli buona parte del viso. Sottovoce, appena udibili mormorava costantemente una voce, con parole tremanti e a un soffio da uno scoppio di rabbia.

"...tutta quella strada, abbiamo fatto, e cosa poi? Un fottuto giorno di ritardo, una maledetta tempesta sulla strada, e pare che sia pure successo di tutto a quella fott..a festa di mer*a, di quel borgomastro di mer*a di questa città di mer*a ma dico io se potava succedre a qualcun'altro invece no, a noi, ma maledetti siano tutti gli dei di mer*a di questo mondo di mer*a che..."

Al fianco del ragazzo cammina una giovane, decisamente più allegra, quasi divertita dagli improperi che vomita sottovoce il compagno.

La coppia si avvia, e nella folla il giovane urta per sbaglio il borgomastro, senza assolutamente riconoscerlo, e senza neppure alzare lo sguardo continua imperterrito per la sua strada.

Camminavo a piccoli passi veloci al fianco di Amaranth.
Mi guardavo in torno continuamente, osservando quel mercato così affollato, da non capirci quasi nulla... Odiavo la confusione, odiavo trovarmi in mezzo a così tanta gente.
Cercavo di avere un volto disinvolto e rilassato, quasi allegro, ma comunque il fastidio rimaneva.
Allora decisi di imitare Amaranth e alzarmi il cappuccio sul viso così da coprirmelo fin al naso.
Divenni per la prima volta più seria abbassando lo sguardo.
Mi voltai un po verso lui giusto in tempo per vederlo scontrarsi con un uomo.

- Direi di smetterla di lamentarti, non sei l'unico a cui da alquanto fastidio il nostro ritardo a quella festa dannata... E non è che succede sempre tutto a noi, e su... -

Giustiniano era un uomo dalla provenienza contadina, quindi naturalmente avvezzo al buonumore e soprattutto comprendeva che ci potevano essere mille ragioni per cui qualcuno potesse definire la sua festa, la sua città e lui stesso una me**a, quindi decise di divertirsi un pò alle spalle di quel giovane e facendo prima un cenno quasi impercettibile alle guardie che lo seguivano sollevando l'indice e il medio uniti gridò in direzione dei due giovani:"Non si usa chiedere scusa a chi si urta, nella città di me**a dalla quale vieni? Qui a Zeldaf ci piacciono le buone maniere". Il Borgomastro rimase fermo in piedi, scostando il mantello dal lato sinistro, dove teneva una scarsella di pelle marrone chiusa da una zanna di cinghiale.

In verità Amaranth aveva terribilmente bisogno di uno sfogo, e per una pura coincidenza, era anche abbastanza assetato.... ma soprattutto il suo carattere orgoglioso e la sua ferma convinzione di essere un essere un terribile e mortale cacciatore di umani, lo portarono a agire sconsideratamente, dimentico di trovarsi nel bel mezzo di una piazza di una città affollata, e senza rendersi assolutamente conto delle due guardie nei paraggi.

Si ferma, e si volta lentamente verso l'uomo che ha urtato, guardandolo fisso.

"Hey vecchio, hai qualche problema con me? Perche se hai problemi devi solo che dirlo con calma e tranquillità... io sono una di quelle persone che non ama i problemi sai? " mentre conclude la frase si avvicina all'uomo, fino a giungergli a poco più di un passo. Li si ferma, mani sui fianchi, sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore, convinto di essere riuscito a intimorirlo, come gli riesce sempre.

Mi fermai di scatto, appena l'uomo sconosciuto si rivolse ad Amaranth... E li iniziarono i problemi...
Purtroppo quando il mio caro compagno era alquanto irritato se la prendeva con tutti per ogni minima sciocchezza ed io non potevo farci nulla, non mi avrebbe mai dato ascolto se avrei cercato di calmarlo o trascinarlo via, ma comunque tentai lo stesso.
Con molta calma mi avvicinai alle spalle di Amaranth, subito dopo ch'ebbe finito di sparlottare con lo straniero.

- Per favore... Puoi cercare di mantenere la calma? E non essere scortese... Non puoi mai sapere chi ti ritrovi davanti... -

Dissi alle sue spalle sotto voce, senza farmi sentire dall'uomo.
Poi con gentilezza mi rivolsi a quest'ultimo cercando di simulare una voce allegra.

- Ehm... Salve! Ecco, vi chiedo scusa, non aveva intenzione di urtarvi signore! -

Giustiniano aveva a volte un macabro senso dell'umorismo e benché fosse un uomo dall'aspetto e dall'atteggiamento goliardico e buontempone, passò due lunghissimi secondi immaginando ad occhi aperti quante torture avrebbe potuto far somministrare, con giusto diritto, a quel piccolo cattabrighe insolente... ma i due secondi passarono e dalla voce gentile della sua compagna che evidentemente era molto più assennata di lui capì che forse quel giovane aveva ancora speranza di sopravvivere nelle terre di Astartis e quindi rispose:"Mia dolce signora, sono lieto che questo giovanotto abbia in voi un sì valido viatico, poiché dubito che viaggiando da solo avrebbe potuto raggiungere la mia età di... com'è che avete detto giovane Cattabrighe?... vecchio?" e così dicendo scostò l'altra parte del mantello, scoprendo sulla sua giubba lo scudetto ricamato con il suo simbolo araldico dell'orso e del sambuco. Un giovane apprendista mago che passava da quelle parti lo riconobbe e quindi lo salutò:"Riverisco siur Borgomaster". Giustiniano rispose con un lieve cenno del capo e salutò sua volta:"Buongiorno a voi messer Meriseo... fatto buoni acquisti oggi? ho saputo che i nuovi ingredienti arrivati ieri sera hanno proprietà favolose". Meriseo rispose a sua volta:"Fatto siur, grazie comunque per il consiglio e buona passeggiata". Giustiniano ritornò con lo sguardo verso la giovane e con la sua aria da gentiluomo riprese:"Vi prego di scusarmi, i miei obblighi di persona pubblica mi fanno mancare in creanza talvolta, ma vi prego di credere che di molto sono genuine le mie scuse". Poi fece un inchino alla giovane e tornando a rialzare la testa, tornò con lo sguardo su quello che oramai per lui si era procurato il nomignolo di "Cattabrighe", aspettando una qualsiasi reazione.

"si, ti ho detto vecch..." le parole muoiono in bocca a Amaranth quando nota lo stemma sulla giubba.

"Ah..."

Preso decisamente troppo di sorpresa, cerca disperatamente una via d'uscita dalla situazione.
"Ah... Borgomastro... voi siete il Borgomastro di Zedaf...Giustiniano Conmeno... si..." riprende un pò di coraggio, ricordandosi che propio il Borgomastro lo aveva invitato alla cena cui poi non erano riusciti a presenziare.
Ritrovata la compostezza e l'affiabilità di sempre, Amaranth fa un breve incino al suo interlocutore e poi continua.
"Perdonete dunque le mie parole, Sior Borgomastro la rabbia degli uomini è sempre inopportuna. Inoltre vi dico che io sono Amaranth Lawless e questa è la mia consorte Neevya... eravamo invitati alla vostra cena il mese scorso, ma purtroppo siamo arrivati tardi in città."

Non vi è paura nella voce di Amaranth, lui è fatto così. In questo momento non gli passa per la testa la quantità di pericoli che stà correndo per aver insultato una persona così importante, stà solo pensando come volgere il fortuito incontro a suo favore. In fondo era sempre stata sua intenzione discorrere con il borgomastro, alla cena.

"Oh! Caso fortuito... avevo giusto qualcosa per voi nella mia borsa..." irruppe sorridente il Borgomastro battendo cordialmente entrambe le mani sulle spalle del giovane, per poi affondare il naso e le mani nella borsa che portava a tracolla. Dopo un pò di tintinnante quanto infruttuosa ricerca, porse una boccetta ad Amaranth aggiungendo:"Fatemi la cortesia giovanotto, reggetemi un attimo questa..." per poi continuare a tirare fuori oggetti "ecco... voi signora tenete questa pergamena e anche questa vecchia moneta..."
Il tramestio durò ancora per qualche secondo, poi il Borgomastro tirò fuori una carta chiusa da un sigillo di ceralacca plasmato con il solito, ormai conosciuto simbolo di Giustiniano. "Ecco, è vostra" aggiunse Giustiniano, accorgendosi solo in quel momento che i due giovani avevano le mani occupate e non potevano quindi prendere la pergamena.
"Sarà meglio che mi restituiate le mie cose... credo..."